Incendio a Notre Dame: in fumo un pezzo d’Europa
Notre Dame in fiamme sembra un segnale di malaugurio per un continente che arranca. E mostra tutte le fragilità di una Francia in decadenza
Va in fumo un simbolo della Francia. Di più, un simbolo d’Europa. Come non fantasticare con la mente davanti ai canali all news che ci mostrano in diretta le fiamme che si stanno mangiando un pezzo della storia del vecchio continente? Notre Dame, la cattedrale di Parigi, capolavoro gotico, ‘croce’ della Francia durante la rivoluzione del 1789, ritornata ‘delizia’ da restaurare dopo, con Napoleone che lì si fece incoronare imperatore nel 1804, sempre epicentro di eventi storici daL XII secolo fino ai nostri giorni, passando per i festeggiamenti della vittoria della Francia nella seconda guerra mondiale, che si tennerò anche lì in questo tempio nevralgico della spiritualità europea.
Il fumo sul tetto di Notre Dame sbalordisce, intristisce, commuove. E inevitabilmente funziona un po’ da specchio di quello che siamo in questa fase storica di transizione tra vecchio e nuovo, affannati a cercare una via d’uscita, tra Stati nazionali stremati e una Europa che sta giocando a dadi col destino. Se Notre Dame brucia, il mondo intorno non sta messo meglio.
Non è complotto, ovviamente.
Sono i pensieri irrefrenabili che affollano la mente davanti ad una tragedia del genere. Forse il fantasma di Quasimodo, il gobbo, il brutto che tutti detestavano nel romanzo di Victor Hugo, ha detto basta. Chissà. Era un rom, come Esmeralda, la bella gitana che per lui ebbe compassione e che lui salvò dalle grinfie di Frollo, perdutamente innamorato di lei, nascondendola proprio lì a Notre Dame dove avrebbe avuto diritto d’asilo. Mentre le fiamme ballano il loro macabro spettacolo alla Île de la Cité a Parigi, guardi dentro Notre Dame e ci trovi l’amica letteratura che sempre ti porta lontano e vicino, nel tempo passato e in quello nostro, con personaggi e parole senza tempo. Notre Dame è crogiolo di stimoli anche solo a livello di immaginazione.
Donald Trump
Mentre a Notre Dame si scatena l’inferno, da oltreoceano Donald Trump, lui che incarna uno degli affluenti più grossi del fiume nazionalista che sta straripando nel mondo, azzarda consigli: bisognerebbe usare dei mezzi aerei per spegnere l’incendio, dice, cogliendo in effetti la meraviglia di tutti noi sul fatto che questi mezzi non vengano usati per domare l’incendio, almeno non in prima battuta. La fanno facile a Washington. Melania Trump ha il “cuore spezzato”. Tutti i leader d’occidente partecipano al dolore dei francesi, che è il loro stesso dolore. La Francia è a pezzi e l’Europa non si sente meglio. E quando Emmanuel Macron dice che con Notre Dame brucia una “parte di noi”, l’immedesimazione è compiuta, anche quella di Stato.
Ed è proprio così: questo incendio assurdo, che sembrerebbe nato per un cortocircuito nel cantiere di ristrutturazione della cattedrale, consuma una parte della storia europea. Tra le fiamme non scorgi solo i personaggi di Hugo, non puoi limitarti a giocare con l’immaginazione disegnando le loro vendette. Perchè c’è molto altro, quasi che l’inferno della cattedrale di Parigi riesca in un sol colpo, nel giro di una giornata, a mettere in scena ciò che sta bruciando in questo periodo: la solidità degli Stati nazionali scossi dall’avvento delle nuove tecnologie, la stabilità dell’Unione Europea lacerata dalla Brexit, infiacchita dalla crisi economica, minacciata dalle spinte nazionaliste e sovraniste, che arranca verso il test (finale?) delle europee di maggio. E non ultimo la situazione in Francia, attraversata da mesi dalla ‘insurrezione’ dei gilet gialli: un fiume in piena, carico di risentimenti per le disuguaglianze che hanno profondamente spaccato la società francese.
Notre Dame
che brucia sembra proprio l’ennesimo segnale di malaugurio. O di avvertimento, se volete. O di riscossa. In fondo, la cattedrale giocò un ruolo anche nella rivoluzione francese: molti oggetti e immagini sacre furono depredati e distrutti dalla furia giacobina. Fu Napoleone a ristabilirne la centralità. Ne dispose la ristrutturazione, ne fece il palcoscenico della sua incoronazione a imperatore agli inizi dell’800, quando il tifone rivoluzionario era andato in sonno, pronto a risorgere sempre in Francia.
Quasi come per dispetto, l’incendio di Notre Dame non permette l’ennesima ‘incoronazione’ mediatica di Macron. O tentativo di incoronazione. Proprio stasera alle 20 era previsto il discorso alla nazione del presidente francese, in diretta tv. Doveva essere il discorso in cui Macron avrebbe tratto le somme del grande dibattito nazionale sulle riforme lanciato all’inizio dell’anno per rispondere alle richieste dei gilet gialli. L’incendio ha fatto saltare il discorso, conseguenza minima e inevitabile. Macron si ritroverà a parlare lì sul luogo del misfatto, alle spalle lo scheletro della cattedrale, le tv di fronte, ai microfoni la promessa: “Notre Dame verrà ricostruita”. Tentativo di rialzarsi dopo un ko deciso dal caso, stando a ciò che se ne sa ora.
Gli occhi del mondo sono puntati su un pezzo di storia che se ne va, con il suo carico di miti, di spiritualità, di stimoli per vederci noi: passato, presente e magari anche un pizzico di futuro, lì nel fumo tra le guglie. Quasi che all’Île de la Cité si sia materializzata una palla di vetro sul nostro destino di europei: magari non si finisce in fiamme, magari si riesce ad evitarlo.Suggerisci una correzione
- Angela MauroInviata speciale – Huffpost Italia